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Accade spesso che, nelle more della separazione, molti coniugi si attivino per la distrazione del proprio patrimonio, dalla cessazione delle proprie attività (se liberi professionisti o imprenditori) fino al licenziamento o rimodulazione del full time in part time (se dipendenti) . Sono ormai comportamenti consolidati, quasi prevedibili, ma solo una magistratura attenta puo’ individuarli e condannarli .

Capita spesso, difatti, che gli ex coniugi si servano di questi escamotage per continuare ad esercitare una violenza economica subdola e sottile, impercettibile ma dannosa per le donne/madri e i loro figli.

Donne costrette a rincorrere i propri mariti/compagni per gli alimenti dei figli, alimenti dove spesso le spese straordinarie, seppur riconosciute dal giudice , sistematicamente non vengono pagate . E spesso le spese straordinarie riguardano, l’acquisto di materiale scolastico, spese del dentista, fino al vestiario che ricade sempre e solo sulle spalle delle madri e dei nonni materni.

Questo articolo vuole dare anche il riferimento di una importante sentenza della Cassazione di gennaio c.a., la n. 1610/2023, che ribadisce che il padre separato deve contribuire al mantenimento dei figli e se non adempie a tale obbligo è responsabile del reato di cui all’art. 570 bis c.p.

L’impossibilità che impedisce a un padre di mantenere la prole assume rilievo per il giudizio penale solo se è assoluta, oggettiva, incolpevole e persistente, per cui, anche se fa lavori saltuari, è tenuto a contribuire

Nel caso di specie in sentenza, commette reato il padre che non mantiene la figlia quando le caratteristiche sopra menzionate non vengono riscontrate.

Scopriamo le motivazioni che hanno indotto gli Ermellini a tale decisione:

In sede di appello un padre viene condannato per la violazione degli obblighi di assistenza familiare nei confronti della figlia alla pena della reclusione per la durata di sei mesi e al risarcimento dei danni derivati alla parte civile, a cui si aggiunge la condanna al pagamento di una provvisionale di 8.000 euro.

Il difensore dell’imputato ricorre in Cassazione evidenziando come la stessa parte civile abbia dimostrato di essere a conoscenza dello stato di indigenza dell’uomo, che subito dopo la separazione (casualita’?) è rimasto senza un’occupazione stabile . Che da allora ha effettuato lavori saltuari, che lo hanno ridotto in uno stato di grave indigenza tanto da essere costretto a recarsi presso la mensa dei poveri, e a dormire presso amici o nel dormitorio per i senza tetto, nella stessa impugnazione si legge che “i piccoli aiuti in denaro elargiti dal parroco sono stati utilizzati per le necessità della figlia”.

A questo si aggiunge la contestazione della provvisionale di euro 8.000.00, perché secondo il difensore dell’imputato, il giudice non ha tenuto conto minimamente delle piccole elargizioni in denaro che lo stesso ha effettuato in favore della parte civile.

La risposta della Cassazione è l’inammissibilità del ricorso in quanto in sede di appello è emerso che l’imputato, dopo la separazione, ha effettuato un solo bonifico di 100 euro in favore della figlia minore e ha, nel tempo, fatto solo piccoli e occasionali regali alla stessa. Tutto quanto mentre la moglie era costretta a chiedere l’aiuto della madre e della sorella per fronteggiare i bisogni della figlia, per cui nel decidere la Corte di Appello non ha fatto che uniformarsi alla giurisprudenza di legittimità, per la quale “in materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la minore età dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta ‘in re ipsa’ una condizione soggettiva dello stato di bisogno, che obbliga i genitori a contribuire al loro mantenimento, assicurando i predetti mezzi di sussistenza; ne deriva che il reato di cui all’art. 570, comma secondo C.P., sussiste anche quando uno dei genitori ometta la prestazione dei mezzi di sussistenza in favore dei figli minori o inabili, ed al mantenimento della prole provveda in via sussidiaria l’altro genitore“.

Aggiunge poi che l’impossibilità di fare fronte al mantenimento, in relazione al reato contestato, deve essere oggettiva, persistente, incolpevole e assoluta, condizione però, che nel caso di specie, non è stata dimostrata.

La Corte d’appello ha dato correttamente rilievo al fatto che, in occasione degli introiti percepiti per lo svolgimento di lavori occasionali come giardiniere o decoratore nulla ha comunque versato per la figlia minore, che quando è stato licenziato nel 2015 ha iniziato a cercare lavoro più attivamente solo in prossimità dell’udienza del 2018 e inoltre che la perdita del lavoro è comunque riconducibile a una sua scelta.