La Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, con l’Ordinanza n. 6186 del 1° marzo 2023, si è espressa nuovamente sul tema della bigenitorialità , tracciando i confini del corretto esercizio nell’interesse superiore del minore e soprattutto sottolineando la necessità che i genitori si impegnino a trovare un’adeguata coordinazione genitoriale, il mancato adeguamento comporterà l’adozione di provvedimenti ablativi della responsabilità genitoriale.
La vicenda vede protagonista una donna costretta a rivolgersi alle Autorità per denunciare i maltrattamenti e le violenze subite, ad opera del compagno. A seguito della denuncia la donna ottiene un ordine di protezione, ma nonostante cio’ continua a sentirsi minacciata portando via la prole e negando il diritto di visita al padre.
Da prassi ormai consolidata sappiamo fin troppo bene che la legge offre uno strumento ai padri , uomini violenti , che si chiama bigenitorialità.
L’uomo contesta le accuse di maltrattamento e violenze, e dichiara alle autorità di una “alterazione dello stato di salute psichica della moglie”. Per dirla con una sola frase, una donna che decide di tutelare se stessa ma soprattutto i figli è una Pazza !!
E sapete cosa fa il Tribunale dei minori di Roma ? dispone la nomina di un curatore speciale dei minori, nonché l’affidamento degli stessi ai Servizi sociali per la ripresa dell’attività scolastica e del rapporto col padre, con attribuzione ai Servizi medesimi delle decisioni relative ai minori, sentiti i genitori.
A questo si aggiunge , contravvenendo alle piu’ elementari norme di tutela delle vittime di violenza , l’obbligo per i genitori di intraprendere un percorso di coordinazione genitoriale , collocando la prole presso la madre ma con diritto del padre ( presunto maltrattante !) di effettuare incontri secondo quanto disposto dal Tribunale Ordinario cui la donna si era rivolta ex art. 337 bis c.c. per la regolamentazione della responsabilità genitoriale.
Tutto il monitoraggio di siffatto percorso familiare (rectius, genitoriale) viene affidato dal Tribunale ai Servizi sociali. La donna promuove reclamo dinanzi alla Corte d’Appello e a seguire ricorso per Cassazione.
La vicenda giunge sino in Corte di Cassazione la quale rigetta il ricorso ritenendolo inammissibile e spiega i motivi dell’affidamento ai servizi sociali.
Nell’Ordinanza in esame si legge, infatti, che il Giudice deve decidere sulla ablazione o meno della responsabilità genitoriale, ovvero sulla necessità di affidamento ai Servizi sociali tenendo in considerazione quale unico elemento dirimente quello dell’interesse dei minori.
La tutela del minore rappresenta, infatti, il cuore delle valutazioni che il giudice di merito è tenuto a svolgere.
Sulla scorta di tale presupposto interpretativo, la Suprema Corte giunge a confermare il provvedimento impugnato che aveva affidato i minori ai Servizi sociali essendo stata riscontrata una forte “conflittualità” tra i genitori, tale da riversarsi sulla prole in tutti i casi in cui questi ultimi fossero chiamati ad esprimersi secondo il principio di cogenitorialità. Ciò veniva statuito seppur i rapporti del singolo genitore coi figli fossero significativi e positivi.
Ci sarebbe molto da dire sull’espressione conflittualità e bigenitorialità quando c’è una denuncia di maltrattamenti a cui segue un ordine di allontanamento , e ci sarebbe anche da considerare il motivo che ha spinto la donna a non sentirsi abbastanza tutelata.
Ed invero, proprio la riscontrata sussistenza di rapporti positivi del singolo genitore coi minori, ha invece giustificato, secondo la Suprema Corte, il rigetto da parte dei giudici di merito di adottare provvedimenti ablativi della responsabilità genitoriale che, non potendosi interpretare alla stregua di un rimedio sanzionatorio nei confronti dei genitori, bensì esclusivamente previsto a protezione dell’interesse superiore della prole, devono essere solo ed esclusivamente adottati nei limiti della tutela di quest’ultima.
La Suprema Corte termina ammonendo però i genitori ad intraprendere il percorso di coordinazione genitoriale individuato dal Giudice di merito, volto, in un primo momento, ad assistere, e successivamente a rendere autonomi gli stessi, rispetto all’assunzione congiunta delle decisioni di maggiore interesse e importanza per i figli, pena l’adozione di provvedimenti ablativi della responsabilità genitoriale.
In questa ordinanza ci sono tutte le motivazioni che spingono le donne “vittime” a non denunciare i maltrattamenti, bisognerebbe raccontare ai nostri Ermellini che i maltrattanti non sono mai dei buoni padri , e che la conflittualità nulla ha a che vedere con la violenza intrafamiliare.
Grazia Biondi
